Non ne posso più, basta. Mi hanno scocciato davvero questi contenuti virali. Anzi, lo voglio dire senza filtri, i contenuti virali sono una cagata pazzesca.
Poche settimane fa Unieuro ha pubblicato quell’offerta che “si commenta da sola”. Non so se ne hai sentito parlare, in pratica hanno pubblicato un contenuto che parlava di un offerta speciale, e il titolo era appunto che l’offerta si commentava da sola.
Di fatto, sotto il post in questione c’erano migliaia di commenti pubblicati da Unieuro. Una bella trovata che ha avuto un grande engagement e che ha fatto parlare molto di se e, come puoi immaginare, è diventato virale.
Ecco, ogni volta che qualche fenomeno del digital marketing sale agli onori della cronaca, qualche cliente, ex cliente o semplicemente qualcuno che mi segue su Instagram mi scrive. Mi scrive e mi chiede come posso aiutarlo a creare contenuti virali per raggiungere milioni di persone.
“Dai dobbiamo fare contenuti forti, virali. Dobbiamo andare virali!”
Questa cosa mi succede anche quando Taffo se ne esce con una trovata delle sue, oppure Ceres con le sue campagne brillanti di Real Time Marketing.
La costante è che chi me lo chiede e chi vuole emulare questi fenomeni però non è mai un fuoriclasse del digital marketing. Anzi è quasi sempre un’azienda o un professionista carente in molte aree della sua comunicazione. Gli mancano proprio le basi.
Mi ricordano me da ragazzino.
Quando ho cominciato a giocare a basket, all’età di undici anni circa, io avevo solo una cosa in testa. Volevo schiacciare, come Michael Jordan. Mi facevo un mazzo così, facevo esercizi per migliorare l’elevazione ma ero carente in tutti gli aspetti che fanno di un giocatore un buon giocatore.
Non difendevo, non avevo un buon tiro, avevo una percentuale ridicola ai tiri liberi. Ma io pensavo solo a schiacciare, senza riuscirci tra l’altro. E Michael Jordan non era solo uno schiacciatore, è il migliore giocatore di tutti i tempi.
Queste aziende e questi professionisti che vogliono andare virali si comportano allo stesso modo, vogliono schiacciare senza curare le basi.
Osservando le loro carenze ho individuato, tra le più diffuse, quelle secondo me più facili da affrontare.
Bio su Instagram o descrizione non curata nella pagina Facebook.
Un sacco di aziende hanno informazioni non corrette o non ottimizzate nella loro bio di Instagram o nella descrizione della loro pagina Facebook. In molti casi non si capisce nemmeno di cosa si occupano, gli orari di apertura non sono aggiornati o l’indirizzo del negozio non è corretto.
Link in bio su Instagram o altri social non ottimizzato per mobile
Spesso queste aziende hanno il link nella bio di Instagram che punta a una pagina che non è adatta alla navigazione mobile. Adatta alla navigazione mobile non significa solo che la pagina deve essere visibile su un cellulare, significa soprattutto che le informazioni su questa pagina devono essere compatibili con l’esperienza d’uso in mobilità. Infatti, mentre è più facile prevedere il tipo di esperienza d’uso nella navigazione desktop – generalmente si sta seduti a un tavolo e nella peggiore delle ipotesi si ha un portatile in grembo – quando si tratta di navigazione da un dispositivo mobile gli scenari possono essere tantissimi e diversissimi tra loro. L’utente potrebbe essere in autobus, in metropolitana, sulla bici, in auto al semaforo, in fila in banca. Insomma, vanno messe poche informazioni, quelle necessarie e in maniera molto chiara.
L’ideale sarebbe progettare una pagina appositamente per questo scopo, con pulsanti, dimensione delle immagini e dei testi adatti alla navigazione da mobile. In alternativa si può fare affidamento su tanti servizi, anche gratuiti, come linktree o linkinbio. Ti lascio un link nelle note di questo episodio.
Messaggistica gestita male
Un altro errore madornale che commettono in tanti è quello di non rispondere tempestivamente ai messaggi che ricevono su Messenger o Whatsapp. L’ideale sarebbe avere una figura dedicata a questo ruolo delicato, ma basterebbe impostare delle risposte automatiche. Ancora meglio sarebbe creare un chatbot vero e proprio, capace di filtrare le domande più frequenti e passare la palla a un operatore umano solo quando necessario.
Mancanza di un piano editoriale decente
Non parlo di un piano pazzesco, parlo di un minimo di organizzazione. Un minimo di ricerca su cosa dare al proprio pubblico, o potenziale pubblico, in modo da creare una relazione con questo.
La chiave è dare valore al pubblico, ne ho parlato nell’episodio precedente a questo, non voglio approfondire oltre.
Mi pare quantomeno ridicolo pensare di potere creare contenuti virali e conquistare la rete quando non si hanno le basi di una comunicazione semplice ed efficace. Ridicolo come me che da ragazzino volevo schiacciare come Jordan ma avevo delle percentuali penose ai tiri liberi.
Conclusioni
Chiaramente le schiacciate sono spettacolari, come al solito ho scelto un titolo provocatorio per farti arrivare fin qui. I contenuti virali non sono una cagata pazzesca, però se ti è piaciuto questo episodio accetto volentieri i tuoi 92 minuti di applausi.
Ciao da Gorillaradio.